DOOM: The Dark Ages ci porta alle origini della leggenda dello Slayer, in un momento in cui il nostro protagonista non è ancora il Dio della guerra che conoscevamo. O meglio, lo sta diventando. È ancora legato ai Maykr, quelle entità aliene e ipertecnologiche che tirano i fili nell’universo di DOOM, e che qui lo usano come arma di distruzione di massa al guinzaglio.

Il nostro compito? Aiutare gli Argent D’Nur a respingere le orde infernali guidate da un potente principe demoniaco. In mezzo, ci sono personaggi chiave come Re Novik, l’alleanza (traballante) tra Maykr e Argenta, e il misterioso Cuore di Argent, un manufatto cruciale nei primi capitoli dell’avventura a cui il principe demoniaco dà la caccia.

Nonostante il tono da “medioevo oscuro”, l’universo resta quello ibrido e folle che amiamo: ci sono navi spaziali, mech giganti, armi futuristiche e creature uscite dagli incubi più disturbanti. L’atmosfera è cupa, la narrazione più presente che in passato, ma mai invasiva. Non toglie ritmo, anzi, lo accompagna.

La vera bomba del gameplay è lo scudo. No, non è solo un accessorio da difesa: è un’arma, è una meccanica centrale, è il simbolo di questo nuovo corso.

Possiamo parare i colpi (quelli evidenziati in verde) e contrattaccare, con un sistema che a difficoltà elevate diventa fondamentale per sopravvivere. Se il caos in schermo inizia a sembrare eccessivo, forse è il caso di rivedere i parametri di difficoltà, che sono numerosi e personalizzabili: si può regolare tutto, dagli aiuti visivi al comportamento dell’IA.

Non c’è la motosaga, ma ci sono alternative che fanno il loro sporco lavoro. Lo scudo può essere potenziato con lame e lanciato in stile Captain America (con quel pizzico di violenza in più). E poi ci sono il guanto d’assalto, la mazza ferrata e altre delizie da corpo a corpo che fanno un rumore bellissimo. Persino alcune armi da fuoco sono in realtà delle armi corpo a corpo ibride!

Le armi in DOOM: The Dark Ages non sono solo tante. Sono ben gestite, organizzate in classi. Prendiamo ad esempio il fucile a pompa: quando otteniamo la doppietta, questa sostituisce automaticamente la precedente. Ma possiamo comunque passare da un’arma all’altra della stessa categoria con la semplice pressione di un tasto. E questo vale per tutte, incluso per dire il fucile al plasma che si evolve per diventare ancora più veloce (e a doppia canna).

Tra le nuove entrate spicca il polverizzatore, un’arma devastante che tritura i teschi e li spara come un fucile a dispersione. E ogni arma può essere potenziata in maniera significativa, cambiandone l’effetto in battaglia grazie a due risorse: l’oro, che si trova esplorando, e le gemme, spesso nascoste dietro piccoli puzzle o segmenti segreti.

Tutto questo rende il combattimento più ricco, ma anche più strategico. Soprattutto perché a livelli alti di difficoltà la gestione delle risorse (vita, munizioni, armatura) diventa importante quanto l’avere riflessi pronti.

La campagna si compone di 22 capitoli, quindi la longevità non manca. Ma non è solo questione di durata: ogni livello è enorme, pieno di segreti, oggetti da raccogliere, valute, gemme, potenziamenti.

Il design è tendenzialmente orizzontale, meno verticale rispetto a DOOM Eternal. Questo significa meno salti da funamboli (addio maledette sezioni platform, NdR), ma più esplorazione orizzontale e sezioni in cui si cammina parecchio dopo aver ripulito una zona dai demoni. Non sempre è un bene: in certi momenti si avverte una certa ripetitività e stanchezza nel dover raggiungere obiettivi lontani solo camminando.

Per spezzare un po’ il ritmo, ci sono anche sezioni speciali:

Segmenti a bordo dell’Atlas, un mech gigantesco che fa sentire tutta la sua potenza, ma che alla lunga restano dei riempitivi.
Sessioni sul dorso del drago, più dinamiche, con fasi di volo, combattimenti e intermezzi a terra.

In generale, però, il disegno dei livelli resta solido, con ottimi spunti per i completisti e più boss e mini boss da affrontare, ognuno dei quali offre ricompense in termini di salute, armatura o munizioni massime.

Dal punto di vista tecnico, DOOM: The Dark Ages fa davvero una gran figura. Il motore grafico idTech8 supporta illuminazione dinamica globale con ray tracing, riflessi in tempo reale e, in futuro, anche path tracing tramite patch.

Abbiamo giocato con DLSS 2 in modalità qualità, Frame Generation di prima generazione e dettaglio Ultra su un laptop Acer Predator 18 con RTX 4080 mobile, con un framerate tra i 100 e i 120 fps.

Le prestazioni sono buone, ma è bene tener d’occhio la VRAM: il gioco è esigente. Su hardware di generazione precedente è bene lavorare sulle singole impostazioni per abbassare il carico su RAM e GPU.

Con le RTX serie 50, il multi frame generation spinge tutto ancora più in alto, portando una 5080 in 4K con DLSS 4 fino a 246 fps.

Il gioco gira anche su GeForce Now, quindi chi ha una macchina meno potente può comunque gustarselo al massimo in streaming.

Dal punto di vista artistico, i mostri sono brutali e dettagliati, e i colpi delle armi più grosse smembrano letteralmente gli avversari, con pezzi di carne che volano via e arti che si staccano. Le ambientazioni mischiano rovine medievali e tecnologia, e il risultato è una coerenza visiva affascinante.

Le musiche? Sempre in linea con lo stile della serie. Riff aggressivi, ritmi sincopati, accompagnano perfettamente l’azione sullo schermo. Per alcuni la perdita di Mick Gordon si farà sentire, ma non per questo la OST non è gradevole o degna di menzione.

Se giocate su PC o Xbox e siete abbonati al Game Pass potrete giocarlo sin dal day-one (il 15 maggio 2025). La versione completa per PS5 o Xbox viene a costarvi 79,99€, idem quella PC tramite Steam o altri store. C’è anche la Premium Edition a 109,99€ con due giorni di accesso anticipato e vari bonus pre-ordine.

Il codice per questa recensione è stato fornito da Bethesda, che non ha avuto un’anteprima di questo contenuto e non ha fornito alcun tipo di compenso monetario. Potete leggere maggiori informazioni su come testiamo e recensiamo su SmartWorld a questo link.

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