L’intelligenza artificiale sta cambiando il nostro modo di cercare informazioni online, ma ora punta ancora più in alto: vuole ridefinire l’intero concetto di browser. Negli ultimi giorni, due nomi noti arcinoti come OpenAI e Perplexity hanno presentato le loro idee (molto diverse!) per portare l’AI direttamente dentro il browser.

OpenAI prepara un nuovo browser basato su un’interfaccia conversazionale simile a ChatGPT, pensato per trasformare la navigazione in un dialogo. Dall’altro c’è Perplexity, che ha appena lanciato Comet, un browser con funzioni AI integrate nella barra laterale ma costruito su un’interfaccia classica. Due approcci distinti per lo stesso obiettivo: ripensare l’esperienza web attraverso l’AI.

Google l’aveva capito anni fa che il browser non è solo un modo per accedere a internet, ma per molti versi è internet stesso, e visto che l’IA sta riscrivendo proprio il modo in cui fruiamo delle informazioni online (vedi video di apertura) è solo una questione di tempo prima che OpenAI lanci un suo browser.

A confermarlo è un’esclusiva di Reuters, secondo la quale OpenAI si prepara a lanciare il suo primo browser AI-centrico, che dvorebbe arrivare già entro fine luglio.

Il browser non è ancora stato mostrato pubblicamente, ma alcune caratteristiche sono già emerse. Al centro dell’esperienza ci sarà un’interfaccia nativa in stile ChatGPT, dove gran parte delle interazioni avverrà sotto forma di conversazione, senza dover necessariamente caricare o cliccare sulle pagine web. Questo approccio punta a rendere la navigazione più diretta, affidando all’AI il compito di filtrare, riassumere e rispondere senza mediazioni.

Insomma, l’utente si fida del lavoro fatto dall’IA e chi ha creato i contenuti resta con un pugno di mosche. Tutto regolare

Un browser pensato per gli agenti AI

Un aspetto particolarmente interessante è l’integrazione con gli agenti AI sviluppati da OpenAI per svolgere compiti al posto dell’utente. Non parliamo quindi solo di rispondere a delle domande, ma di prenotare viaggi, compilare moduli, gestire acquisti o navigare in autonomia per recuperare dati e informazioni. Tutto questo direttamente all’interno dell’interfaccia, senza appoggiarsi a estensioni o servizi esterni.

OpenAI sembra insomma voler eliminare la necessità stessa della “navigazione”, trasformando il browser in un assistente operativo capace di svolgere azioni complesse al posto degli utenti.

È un cambio di paradigma radicale, che potrebbe ridefinire il concetto di interazione con il web, ma che rischia di minarne la stessa esistenza, se non sarà “accompagnato” lungo questo percorso. Ma di questo abbiamo già ampiamente parlato nel video di apertura, quindi non ci dilungheremo ulteriormente.

Mentre OpenAI lavora ancora dietro le quinte, Perplexity ha già lanciato il proprio browser AI, chiamato Comet. Si tratta di un progetto concreto e disponibile, anche se per ora limitato agli abbonati del piano Max da 200 dollari al mese, con una distribuzione più ampia prevista solo su invito.

Al contrario dell’idea rivoluzionaria di OpenAI, Comet è basato su Chromium, lo stesso progetto open-source su cui si fondano anche Chrome e Edge, e mantiene quindi un’interfaccia familiare: schede, segnalibri, cronologia, estensioni. La novità sta nel fatto che tutto è integrato con l’ecosistema di Perplexity AI, già noto per il suo motore di ricerca generativo, alternativo a Google.

Un assistente AI nel browser

All’interno di Comet troviamo un assistente AI nella barra laterale, che può rispondere a domande relative a ciò che vediamo sullo schermo, spiegare, riassumere, analizzare, ma anche compiere azioni su richiesta: prenotare hotel, acquistare prodotti, inviare email o organizzare riunioni.

Si tratta di funzioni agentiche, simili a quelle promesse da OpenAI, ma integrate in un ambiente più classico, dove la navigazione resta centrale. Il web non viene quindi “oscurato”, ma piuttosto affiancato dalla IA. Un approccio senz’altro più etico, almeno in teoria. In ogni caso è difficile immaginare che tutto questo non abbia un impatto sui siti web, che diventano sempre più secondari nell’esperienza utente online.

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