L’Unione Europea sta testando un’app per la verifica dell’età online, pensata per limitare l’accesso dei minori a contenuti inadatti. L’idea è semplice: garantire una rete più sicura, soprattutto per chi è sotto una certa soglia anagrafica. Ma dietro questo intento apparentemente condivisibile si apre un tema che riguarda molti utenti Android.
Per come è strutturata, l’app rischia infatti di escludere chi utilizza dispositivi non certificati da Google, come chi installa app da store alternativi, usa ROM personalizzate o preferisce evitare i servizi Google. In nome della sicurezza, si rischia di colpire la libertà su cui Android ha costruito la sua identità.
Per funzionare, l’app europea per la verifica dell’età richiede che il dispositivo sia compatibile con il sistema di controllo d’integrità di Google, cioè l’API Play Integrity. Tradotto in pratica: solo gli Android certificati e con Google Play Services attivi potranno usare l’app. Gli altri restano fuori.
Questo mette fuori gioco una fetta non trascurabile di utenti, soprattutto chi preferisce installare APK, utilizzare store alternativi come F-Droid o Aurora, o chi ha scelto una ROM personalizzata per avere più controllo sul proprio dispositivo. Tutti scenari perfettamente legittimi, oggi sempre più a rischio esclusione.
La conseguenza è chiara: uno degli ultimi sistemi davvero aperti si sta trasformando in una piattaforma che premia la conformità e penalizza la personalizzazione. E questa non è solo una questione tecnica: riguarda anche il diritto di usare uno smartphone nel modo che si ritiene più adatto.
Il tema della protezione dei minori online è serio e concreto. Ma il modo in cui viene affrontato con questa app solleva dubbi importanti sul bilanciamento tra sicurezza e libertà digitale. Se l’accesso ai servizi dipende dall’uso di dispositivi certificati da Google, si rischia di trasformare un’iniziativa di tutela in un meccanismo di esclusione.
Chi usa versioni personalizzate di Android, magari per motivi di privacy o autonomia, potrebbe trovarsi impossibilitato a dimostrare la propria età. E con l’estensione futura di questi sistemi ad altri ambiti (social, video, contenuti sensibili), si aprirebbe una strada che penalizza chi sceglie percorsi alternativi.
Cosa potrebbe cambiare in futuro
L’uso di app da store esterni rischia di diventare sempre meno praticabile
Le ROM modificate potrebbero perdere accesso a servizi chiave
L’autonomia dell’utente viene subordinata alla compatibilità con standard chiusi
Aumenta il rischio che “sicurezza” diventi sinonimo di controllo centralizzato
Il punto non è solo tecnico, ma culturale: che tipo di Internet vogliamo? E quanto controllo siamo disposti a cedere, anche per una buona causa?
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